L’Ocse, nel suo rapporto sull’educazione ci ricorda che la spesa per l’istruzione in rapporto al Pil in Europa è del 6,1%, in Italia è del 4,8%. Peggio di noi solo Slovacchia e Repubblica Ceca.
A quanti si volessero soffermare sul peso del debito pubblico in Italia (che offrirebbe pochi margini di manovra) ricordiamo che anche la spesa per l’istruzione in Italia è bassa anche in rapporto sulla spesa pubblica, 9,7% rispetto all’11% della media dei paesi europei.
E’ questo un dato di arretratezza del nostro Paese in quanto la scuola è luogo di coesione, integrazione, sviluppo. Anche questo anno tra difficoltà dovute alla crisi economica internazionale, processi di razionalizzazione, riordino del sistema scolastico, un milione di persone è tornato, con professionalità e impegno, a far funzionare concretamente la scuola italiana
Serve una scelta politica che la Uil la sollecita da tempo: spostare risorse verso l’istruzione e la ricerca, come anche in una situazione economica difficile, l’Europa sta facendo.
La scelta da fare per il futuro del paese e per lo sviluppo è qualificare la spesa. Occorre ridurre le spese improduttive, gli sprechi, la burocrazia ridondante, le eccessive spese per la politica e indirizzare risorse agli investimenti per l’istruzione.
Alla necessità di dare centralità e peso alla professione docente, di modernizzare i processi di istruzione e formazione si risponde invece un sistema tutto burocratico di norme e carte.
Da un lato c’è lo sforzo degli insegnanti di essere al passo con i tempi dall’altro un’amministrazione che si muove con regole vecchie e rigide.
C’è una riforma che si può fare e che non costa: riformare il sistema amministrativo. Bisogna trasformare il ministero da centro di produzione di circolari a luogo nel quale vengono predisposte attività di servizio e supporto alle scuole e ai docenti.
Una osservazione a parte merita la questione delle retribuzioni dei docenti – osserva ancora Di Menna.
Fin dalla sua nascita la scuola italiana si è caratterizzata per aver collocato i docenti in una situazione di bassi salari. Registriamo un ritardo storico della politica rispetto alla considerazione che, investire in istruzione, significa investire nello sviluppo del paese. Ora la modernizzazione della scuola deve passare anche da logiche retributive completamente differenti mettendo gli insegnanti italiani al passo con i colleghi europei.
Sui professori pagati poco perché troppo numerosi, inviterei il ministro da un lato a non limitarsi a prendere atto del quadro attuale, ma, se vuole contribuire alla qualità della scuola, proporre soluzioni all’emergenza retributiva. Dall’altro a considerare la circostanza per la quale in Italia (come evidenziato in una recente ricerca della Uil) abbiamo il maggior numero di politici rispetto agli altri paesi europei però sono anche i meglio pagati – ribatte il segretario della Uil Scuola.
La classe politica, i governi dovrebbero operare in modo da sostenere, supportare, agevolare il lavoro dei docenti. Si dovrebbe fare in modo che questa professione sia considerata un valore, una risorsa positiva del paese, quale gli insegnanti di fatto sono.
Di Menna: Qualificare la spesa pubblica, investire in istruzione, valorizzare il lavoro’
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